Ghosts by Joe Hill

Ghosts by Joe Hill

autore:Joe Hill [Hill, Joe]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
Tags: thriller, Horror
ISBN: 9788820047399
editore: SPERLING & KUPFER
pubblicato: 2009-12-14T23:00:00+00:00


Il mantello

ERAVAMO piccoli.

Io ero Lampo Rosso e mi arrampicavo sull’olmo morto, in un angolo in fondo al nostro giardino, per sfuggire a mio fratello che non era nessuno, semplicemente se stesso. C’erano degli amici che dovevano venire a trovarlo e mio fratello avrebbe voluto che non esistessi, solo che io non potevo farci niente: esistevo.

Avevo la sua maschera e gli dissi che, all’arrivo dei suoi amici, avrei rivelato la sua identità segreta. Lui disse che ero cibo per cani e si fermò sotto l’albero a lanciarmi sassi, solo che lanciava come una ragazzina e ben presto fui fuori dalla sua portata.

Lui era troppo grande ormai per giocare ai supereroi. Era successo tutto d’un tratto, senza alcun preavviso. Nel periodo precedente a Halloween, aveva passato giorni interi mascherato da The Streak, che era così veloce che il terreno gli si scioglieva sotto i piedi quando correva. Poi Halloween era passato e mio fratello aveva smesso di voler essere un supereroe. Ma ancora di più voleva che tutti si dimenticassero che un tempo lo era stato, voleva dimenticarlo persino lui, solo che io non glielo permettevo, perché adesso ero in cima a un albero con la sua maschera e i suoi amici stavano arrivando.

L’olmo era morto già da anni. Ogni volta che soffiava il vento, le raffiche strappavano qualche ramo che andava a finire sul prato. Le mie scarpe da ginnastica staccavano scaglie di corteccia. Mio fratello non aveva voglia di arrampicarsi - ne andava della sua dignità - e per me riuscire a sfuggirgli era entusiasmante.

All’inizio, mi arrampicai senza pensare, spingendomi più in alto di quanto avessi mai fatto prima. Mi ritrovai preda di una specie di trance da arrampicata, esaltato dalla distanza tra me e il terreno e dalla mia agilità di bambino di sette anni. Poi mio fratello mi gridò che aveva deciso di ignorarmi (la prova provata che non ci sarebbe riuscito) e io mi ricordai il motivo per cui avevo cominciato ad arrampicarmi sull’olmo. Posai lo sguardo su un lungo ramo orizzontale su cui avrei potuto sedermi, far dondolare i piedi e stuzzicare mio fratello fino a portarlo alla pazzia senza temere le sue rappresaglie. Mi sistemai il mantello sulle spalle e continuai a salire, ora con una meta.

Il mantello, in origine, era stato la mia coperta blu portafortuna, che mi aveva tenuto compagnia fin da quando avevo due anni. Col passare del tempo, il colore si era trasformato prima in un azzurro profondo e lucido e poi in uno stanco grigio piccione. Mia madre l’aveva modificata per farne un mantello e aveva cucito al centro un fulmine di feltro rosso. Il tessuto era ornato anche da una toppa dei Marine, una di quelle di mio padre. La toppa mostrava il numero 9 che veniva attraversato da un fulmine. Era tornata a casa dal Vietnam con il resto delle sue cose. Lui, invece, non era tornato. Mia madre aveva appeso davanti a casa la bandiera nera delle famiglie dei prigionieri di guerra, ma già allora avevo capito che nessuno teneva prigioniero mio padre.



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